L’Associazione nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (AMICI Italia) affronta il tema “malattie infiammatorie croniche intestinali e alimentazione”

L’alimentazione è un elemento importante nella genesi di numerose patologie intestinali, come le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI). L’interesse scientifico è molto alto perché ovviamente è importante garantire all’organismo un adeguato supporto nutritivo per migliorare la sua risposta ad eventuali malattie e perché la valutazione dello stato nutrizionale consente di comprendere nel bambino se crescita e sviluppo siano adeguati.

Giuseppe Coppolino, Presidente di AMICI Italia, sottolinea come l’educazione alimentare rappresenti il primo e più efficace strumento di prevenzione a tutela della salute. L’aumentata incidenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali nei paesi industrializzati ha coinciso con abitudini alimentari sempre più occidentalizzate: una prova eclatante dell’influenza dei fattori ambientali nell’insorgenza di queste patologie. In soggetti geneticamente predisposti l’alimentazione può facilitare l’insorgenza della malattia, interferendo sull’equilibrio del microbiota intestinale, sulla funzione di barriera della mucosa e sull’attività del sistema immunitario intestinale. L’interesse dei pazienti affetti da MICI per la dieta è sempre alto e conoscere cosa e come mangiare rappresenta un fabbisogno reale. Quando la malattia si è sviluppata, alimentazione e nutrizione accompagnano costantemente le terapie mediche e chirurgiche, nell’ottica di una gestione multidisciplinare globale del paziente.

Giuseppe Coppolino, Presidente di AMICI Italia

Bologna, centro di eccellenza nel trattamento delle MICI – A Bologna un recente convegno ha approfondito il tema della dieta e della terapia nutrizionale nei pazienti con malattia di Crohn e colite ulcerosa. L’evento è stato organizzato da AMICI Italia e patrocinato da: Regione Emilia-Romagna, IG-IBD, Fondazione AMICI Italia, Policlinico Sant’Orsola, SIGE, SIGENP e SINPE.

Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia, ha ricordato un’indagine di AMICI del 2018, in base alla quale, rispetto a oltre 1.000 pazienti intervistati, solo la metà aveva ricevuto indicazioni sul regime alimentare da seguire. I pazienti con malattia di Crohn o colite ulcerosa devono essere consapevoli del ruolo fondamentale dell’alimentazione, considerando le difficoltà che comportano le rinunce alimentari, ulteriori fattori che impattano negativamente su benessere psicologico, qualità della vita e coinvolgimento attivo nella gestione della malattia.

Tale consapevolezza riguarda anche i medici che hanno in cura questi pazienti, secondo Paolo Gionchetti (Direttore SSD MICI, Centro di Riferimento Regione Emilia-Romagna del Policlinico di Sant’Orsola). C’è ancora molto da fare in questo ambito, sapendo che i pazienti non sono mai uguali tra loro e per questo in futuro sarà necessario personalizzare l’intervento medico, considerando l’importanza della dieta come elemento integrante l’approccio terapeutico.

Lo studio nei bambini affetti da malattia di Crohn – Le Linee Guida internazionali dispongono nei casi pediatrici di malattia di Crohn ad attività lieve-moderata, che si ricorra per 8 settimane alla nutrizione enterale esclusiva (con formula polimerica di consistenza simile a quella del latte), in sostituzione della normale alimentazione. Durante il periodo indicato non possono essere assunti altri alimenti. La nutrizione enterale esclusiva, che può essere assunta per bocca, è in grado di indurre una remissione della malattia, con la scomparsa dei sintomi e può guarire la mucosa intestinale. Gli studi riportano una quota di successo in circa il 75% dei casi pediatrici. Tale nutrizione può poi essere ancora utilizzata nella cosiddetta fase di mantenimento, ossia quando è necessario mantenere la remissione di malattia, coprendo circa il 50% delle calorie totali quotidiane.

Ulteriori novità offerte dalla ricerca sulle diete sono state riassunte da Patrizia Alvisi (Responsabile del Programma di Gastroenterologia Pediatrica, AUSL Bologna). In particolare, la dieta di esclusione per la malattia di Crohn, conosciuta come CDED (Crohn’s Disease Exclusion Diet), ideata da un gruppo israeliano, propone un regime privo di alimenti tipici della dieta occidentale, come cibi raffinati, soprattutto se ricchi di zuccheri semplici, riduce l’introito di proteine animali (soprattutto carne rossa) ed esclude emulsionanti, additivi. Tale dieta, secondo quanto pubblicato recentemente dallo stesso gruppo, avrebbe un’efficacia pari a quella della nutrizione enterale esclusiva. Gli studi sono ancora pochi e necessitano di ulteriori validazioni, ma sono comunque molto promettenti.

Lo studio di SIGENP – La Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica ha presentato i dati sull’incidenza “minima” delle MICI pediatriche (desunta dal Registro nazionale della Società scientifica, aggiornato dai centri afferenti, su base volontaria): nell’ultimo decennio è praticamente raddoppiata, intorno al 2/100.000 abitanti di età <18 anni. Questo dato sarebbe ulteriormente aumentato nell’ultimo triennio, (circa 4/100.000 abitanti di età <18 anni) e trova riscontro nei numeri di altri studi dei Paesi del Nord Europa e Nord America, dove l’incidenza è attorno a 10/100.000 abitanti di età <18 anni. Anche la dieta potrebbe forse avere un ruolo nel giustificare tali differenze.

La dieta mediterranea, infatti, ricca di fibre, frutta e verdura, che utilizza come fonte di lipidi l’olio extravergine di oliva, può essere uno dei fattori che giustificano l’incidenza più bassa delle MICI pediatriche in Italia, nonostante i dati non siano definitivi al riguardo.

L’occidentalizzazione della dieta – Alla luce della correlazione tra l’aumentata incidenza delle MICI in Paesi recentemente industrializzati e l’”occidentalizzazione” delle loro abitudini alimentari, AMICI ha condotto l’indagine presso il Centro ricerche EngageMinds-HUB dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’obiettivo è stato  approfondire come il rapporto con il cibo dei pazienti con MICI influenzi le loro scelte alimentari e la qualità della vita. Dalle interviste, è emerso che ciascun paziente instaura un rapporto molto personale con il cibo, principalmente ancorato alla strategia dell’evitamento di certi alimenti. Il ruolo del paziente nel riconoscere quali possano portare a sviluppare sintomi è certamente importante ed è fondamentale un approccio multidisciplinare da parte del gastroenterologo, del nutrizionista o del pediatra, con l’aiuto di un dietista.L’importanza del gusto – La salute del paziente con MICI non può e non deve dipendere solo dalle cure mediche, ma deve prevedere uno stile di vita corretto ed un’alimentazione sana. Seguire un’alimentazione sana ed equilibrata è uno dei modi più efficaci per salvaguardare la salute e forse controllare la malattia. L’interesse dei pazienti per la dieta, da intendere non come una privazione, ma come uno stile di vita, è sempre molto alto e rappresenta un bisogno poter conoscere cosa e come mangiare. La realizzazione di ricette dedicate può contribuire ad alleggerire il peso della rinuncia di quegli alimenti che la malattia a volte non concede di assumere, con un occhio di riguardo al gusto e alla qualità, che influiscono sull’umore e le condizioni generali dell’organismo. Indipendentemente da eventuali limitazioni, mangiare con gusto è sempre possibile, più facile di quello che sembra e migliora la qualità della vita. Compito dell’Associazione e dei suoi esperti è aumentare la diffusione delle informazioni corrette che possono essere di aiuto nella vita di tutti i giorni di pazienti troppo spesso disorientati.

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