Nelle donne con HIV, gravidanza sicura per mamma e figlio

Le parole chiave: virus dell’AIDS (HIV, Human Immunodeficiency Virus), gravidanza

Le nuove terapie antiretrovirali contro l’HIV oggi permettono di sopprimere la carica virale al punto da rendere l’infezione non trasmissibile. I risultati degli studi più recenti presentati nella 13a edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS  and Antiviral Research, che ha riunito comunità scientifica, community e istituzioni e che si è appena concluso.

Il concepimento e il parto possono essere naturali: grazie ad una terapia antiretrovirale efficace, la donna HIV-positiva può vivere la vita come tutte le donne della popolazione generale.  Questo ha un grande significato a livello sia individuale, sia comunitario ed è un forte messaggio contro lo stigma, sottolinea Francesca Vichi, infettivologa SOC 1 USL Toscana Centro, Firenze

HIV e gravidanza, binomio possibile – Le conquiste della medicina negli ultimi anni riguardo all’infezione da HIV, hanno sancito il successo dell’evidenza scientifica dello “U=U”, Undetectable=Untransmittable: l’HIV non viene trasmesso sessualmente se la viremia del partner HIV-positivo è persistentemente non determinabile nel sangue, grazie alla corretta assunzione di un’efficace terapia antiretrovirale. Questo permette di considerare l’HIV un’infezione cronica. Recenti studi rivelano come questo principio sia applicabile anche alla trasmissione verticale madre-feto: una donna affetta da HIV può avere figli e condurre una gravidanza normale senza correre il rischio di trasmettere il virus al nascituro. Maternità e HIV è stato uno dei temi al centro della 13a edizione del Congresso ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, avvenuto sotto l’egida della SIMIT- Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.

Come spiega Francesca Vichi, la gravidanza può declinarsi in vari scenari. Se si tratta di una donna HIV-positiva, il concetto “U=U” è attualissimo, purché la paziente sia stabilmente in terapia antiretrovirale, per raggiungere la negatività della carica virale. Questa terapia è efficace, ben tollerata dalla madre, non dannosa per il feto e può accompagnare la paziente in tutti i cambiamenti fisiologici della gravidanza, considerate anche le interazioni con i farmaci assunti in questo periodo, il tutto sempre sotto stretto controllo medico. Un caso particolare può essere quello in cui la donna scopra la sieropositività proprio durante la gravidanza, fenomeno purtroppo ancora frequente, secondo gli ultimi dati dell’ISS, soprattutto tra le straniere. In queste pazienti bisogna impostare rapidamente una terapia molto efficace, per raggiungere nel minor tempo possibile la non rilevabilità (Rapid ART).

Francesca Vichi, Medico, Malattie Infettive
SOC1 USL Toscana Centro,
Responsabile Ambulatorio Day Hospital, Firenze

Gli ultimi dati dello studio TSEPAMO

Lo studio TSEPAMO è in corso in Botswana dal 2014 e mette in luce evidenze sulla sicurezza del trattamento in gravidanza, nella donna HIV-positiva. I dati dell’ultimo follow up, resi pubblici allo IAS (International AIDS Society Conference) a Luglio 2021, riguardano 200mila donne in gravidanza, delle quali circa 6mila avevano ricevuto dolutegravir nel periodo peri-concezionale. La prevalenza del danno neuronale a carico del neonato è stata dello 0,15%, percentuale minima e paragonabile a quella rilevabile dall’esposizione a un qualunque altro farmaco, come afferma Francesca Vichi. In assenza di qualsiasi tipo di intervento, il passaggio dell’HIV dalla madre al figlio si attesta tra il 15 e il 45%. Con la negativizzazione della carica virale per tutta la gravidanza, il passaggio diventa quasi nullo. Il concepimento e il parto possono essere pertanto naturali.

Il dibattito sull’allattamento

L’unico aspetto della maternità su cui resta aperto il dibattito è quello dell’allattamento al seno. Nei Paesi occidentali, spesso viene consigliata la formula di allattamento artificiale, visto che le Linee Guida EACS (European AIDS Clinical Society) e DHHS (Department of Health and Human Services) mettono in allerta sul passaggio del virus nel latte.

Secondo Maria Grazia Di Benedetto, il tema dell’allattamento nelle donne HIV-positive presenta anche elementi incoraggianti. Come emerge da una ricerca proposta dalla community a ICAR 2021, nei Paesi ad alto reddito non esistono studi sul rischio di trasmissione tramite l’allattamento. Esistono invece studi relativi all’Africa Subsahariana e all’India (Studio PROMISE, Promoting Maternal and Infant Survival Everywhere) che riportano un abbattimento della trasmissione del virus nell’allattamento materno (fin sotto l’1%), se la donna è sotto adeguata terapia. Dal momento che si tratta di Paesi con scarsità di risorse e difficoltoso accesso alle cure, il quadro per i Paesi ad alto reddito si fa incoraggiante. Esistono tuttavia anche nuove prese di posizione: le nuove Linee Guida britanniche e statunitensi, pur continuando a raccomandare il latte in formula come miglior alimentazione per eliminare il rischio di trasmissione del virus, hanno avviato un nuovo approccio, che prevede il coinvolgimento della donna nella decisione sull’allattamento, tra rischi effettivi e benefici per lei stessa, che ne scaturiscono: l’allattamento artificiale infatti è correlato ad aumentato rischio di patologie oncologiche e cardiovascolari.

Maria Grazia Di Benedetto,
LILA – Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS

Secondo la recente ricerca* “HIV e Maternità. Indagine sull’esperienza delle donne nell’era U=U”, il tema dell’allattamento ha anche un risvolto psicologico. Su 58 donne affette da HIV che hanno allattato artificialmente, emerge un elevato livello di insoddisfazione per la rinuncia all’allattamento al seno e un generico senso di frustrazione.

Uno studio svizzero basato sulla review di tutta la letteratura scientifica al riguardo, ha definito uno “scenario ottimale” quello in cui il rischio di trasmissione da donna a figlio si azzera, se sussistono:

  • Aderenza alla terapia
  • Regolare controllo clinico
  • Carica virale di HIV nel plasma soppressa di <50 copie di RNA/ml.

A queste condizioni, non è stato riscontrato alcun caso di trasmissione.

* Ricerca realizzata da LILA con Nadir Onlus e un Gruppo di studio della SIGO (Società Italiana Ostetricia e Ginecologia)

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