E’ di pochi giorni fa la notizia dalla Russia, secondo la quale sarebbe stato identificato il primo caso di trasmissione all’uomo del ceppo H5N8, altamente patogeno, dell’influenza aviaria. La notizia è stata immediatamente riportata All’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma sussistono forti rassicurazioni da parte dell’Agenzia Federale russa per la Salute e la Tutela dei Consumatori, soprattutto perché il decorso clinico nei sette soggetti infettati è semplice, inoltre al momento non ci sono stati casi di trasmissione inter-umana dell’infezione. E’ peraltro possibile che nel tempo si verifichi una mutazione del virus, che potrebbe “imparare” a diffondersi tra gli uomini.
E’ corretto da parte della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT e di Marcello Tavio, suo Presidente, chiarire la situazione, che è tenuta sotto controllo grazie anche alla collaborazione con Igienisti e Veterinari.
Storia e caratteristiche del virus – La circolazione di ceppi di virus influenzali di provenienza aviaria è costantemente monitorata in varie parti del globo per la loro potenziale pericolosità. Questo rientra nelle normali operazioni di controllo routinario e conferma che il sistema di allerta è attivo e funziona. Non ci devono essere strumentalizzazioni inopportune, considerato il contesto attuale nel quale si trova la popolazione, che non va allarmata inutilmente, proprio perché sta convivendo da tempo con la pandemia da Covid-19. Il ceppo H5N8 del virus dell’influenza aviaria è in circolazione da vari anni negli allevamenti avicoli di tutta Europa. L’ultimo episodio in Italia risale al 21 Gennaio u.s, quando il ceppo è stato isolato in due gru coronate grigie a Lugo di Romagna, presso Ravenna.
Le Autorità veterinarie italiane hanno confermato nuove positività in 43 uccelli selvatici, in particolare in 19 esemplari di alzavola (Anas crecca), in 16 di fischione (Mareca penelope) e in 4 di Anas platyrhynchos, l’anitra selvatica comune o germano reale. L’introduzione di H5N8 in Europa dall’Asia risale al 2010 e da allora fino ai giorni nostri è stata individuata sempre la sua presenza in Europa ed in alcune aree in Veneto e Lombardia, in allevamenti industriali e rurali. A fronte di questa presenza, H5N8 ha causato solo ora i casi di infezione nell’uomo segnalati, di entità clinica modesta, senza trasmissione da uomo a uomo e da questo punto di vista, rispetto al virus H5N1 è meno pericoloso.
Ceppi aviari a confronto – Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT, ricorda che la pericolosità del virus H5N1, nota dalla fine del secolo scorso, dal 2003 ha causato nell’uomo 862 casi con 455 decessi (una letalità del 52,8%), anche se, pure in questo caso, la trasmissione tra umani è stata molto rara ed in più di vent’anni il virus non ha acquisito una reale capacità di trasmissione interumana.
Nessun allarmismo, ma cautela e monitoraggio – A questo esorta Massimo Galli, Past President SIMIT. Non è facile che un ceppo completamente aviario, pur avendo occasione di circolare a lungo tra gli animali e nell’uomo, muti al punto da assumere caratteristiche che lo rendano in grado di diffondersi nella nostra specie, tuttavia, per quanto attiene a H5N8, tre sostituzioni nel gene dell’emoagglutinina (in particolare S137A e S227R nel sito di legame al recettore e A160T nel sito della glicosilazione), sarebbero potenzialmente in grado di facilitare il legame con i recettori per il virus sulle cellule umane bersaglio, spiegando forse così quanto accaduto in Russia e suggerendo cautela.