Pandemia da COVID19: anziani più resilienti dei giovani, ma pesa la solitudine
Con la pandemia, gli anziani italiani si sono dimostrati molto più resilienti dei giovani. Contrariamente a quanto si potesse pensare, sono proprio i più giovani, a livello globale, ad aver patito di più le restrizioni. Lo dimostra l’aumento (in genere del 30-40%) dei tentativi di suicidio nella fascia under30, a dimostrazione di quanto la quarantena e le misure preventive abbiano pesato sulla salute, fisica e mentale, di giovani e giovanissimi.
Al riguardo, Diego De Leo cita i dati dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, tra i primi a segnalare l’aumento dei tentativi di suicidio (+30-40%) nella sua utenza under18. Prevalgono i soggetti di sesso femminile, una tendenza comune, che si è rafforzata negli ultimi anni. Riguardo agli anziani, invece, i dati 2020 degli Stati Uniti e dell’Australia evidenziano una diminuzione del numero totale di suicidi e di accessi al Pronto Soccorso, correlati. Inoltre, è stato notato anche un decremento della mortalità generale per tutte le cause (in Australia, Danimarca e Nuova Zelanda).
Confrontando le due differenti generazioni, se per i giovani si può parlare di 100 tentativi per un effettivo suicidio, per gli anziani sono 2 tentativi. Questo è valido anche in Italia, dove i tentativi degli anziani si rivelano come atti premeditati, spesso ben studiati, che raramente lasciano spazio ad errori, mentre tra i più giovani sono frutto di varie condizioni motivazionali, di reazioni emotive spesso impulsive, che non sempre corrispondono a un effettivo desiderio di morte, ma contemplano invece la necessità di uno sfogo emozionale, soprattutto di rabbia, disappunto e avversione.
Solitudine: fattore di rischio per gli anziani – Marco Trabucchi sottolinea che per la terza età la solitudine è drammatica: tra gli over 75, colpisce circa il 20% della popolazione, con notevoli variazioni tra città/campagna e Nord/Sud.
Le conseguenze per la salute sono di tipo clinico e psicologico, con un maggiore rischio di ammalarsi, di andare incontro a forme di demenza, di avere una vita più breve. La solitudine, inoltre, mina la capacità di resilienza, ossia di attivazione delle risposte adeguate agli eventi negativi che andrebbero affrontati e superati, ma che in realtà provocano il peggioramento delle condizioni cliniche dell’individuo.
Il 22° Congresso AIP, appena concluso, ha posto al centro la condizione psicologica dell’anziano all’indomani della fase acuta della pandemia.
Gli anziani in Italia, il secondo Paese al mondo più anziano dopo il Giappone – Secondo i dati ISTAT, l’età media della popolazione italiana passa, tra l’inizio del 2021 e l’inizio del 2022, da 45,9 a 46,2 anni: la popolazione “scivola” progressivamente verso l’età senile, anche di questi tempi dominati dal COVID-19 con le sue pesanti ricadute sulla sopravvivenza degli anziani. Gli over65 in Italia, ammontano a 14 milioni e 46mila (inizio 2022) e costituiscono il 23,8% della popolazione totale. Di questi, oltre 20mila sono ultracentenari, con trend in aumento. In nessuna regione, neanche in quelle a maggior impatto pandemico, gli elevati tassi di mortalità del 2021 determinano una riduzione del processo di invecchiamento.
I temi principali del Congresso – Con la progressione dell’invecchiamento, le patologie degli anziani aumentano. La demenza dovuta alla malattia di Alzheimer, per esempio, colpisce circa 1,2 milioni di anziani, generando problemi anche per i caregiver, quindi anche per la società. Oltre a questa e al delirium, sono stati affrontati, durante il Congresso dell’AIP, gli effetti del COVID-19, i rischi del “Long COVID”, le reinfezioni ed anche problemi del sonno, depressione, disturbi di personalità, suicidi, discriminazione e nuove opportunità che emergono dal PNRR (nuova medicina territoriale, futuro delle RSA, tecnologia e telemedicina).