L’istruzione entra nella storia di un individuo garantendo fino a 4 anni di vita in più.
È quanto emerge dalla pubblicazione dell’Atlante italiano delle disuguaglianze di mortalità per il livello di istruzione a cura di Alessio Petrelli e Luisa Frova.
È un numero monografico della rivista “Epidemiologia e Prevenzione” dell’Associazione italiana di epidemiologia, fondata nel 1976 da Giulio Maccacaro.
Il titolo della pubblicazione denuncia una grave disparità sociale: i maschi meno istruiti hanno una probabilità di morire superiore al 35% rispetto a quelli più istruiti.
Già alcuni anni fa, il comitato di etica della fondazione Umberto Veronesi per la ricerca, ha analizzato la relazione tra livello di istruzione e mortalità, mettendo in evidenza che la salute è correlata ad una molteplicità di altri fattori socio-economici, tra cui il livello di istruzione.
I dati sono analizzati per la prima volta su scala nazionale e la situazione è a dir poco allarmante: nella fascia d’età 25-64 anni, il rischio relativo di morire di tumore è oltre due volte superiore (2,13) per chi ha un basso livello di istruzione rispetto a chi ha un titolo di studio elevato.
Patologie cardiovascolari sono più frequenti nel Mezzogiorno, indipendentemente dal livello di istruzione, mentre la mortalità per i tumori nel loro insieme è crescente da Sud a Nord.
Questi dati hanno implicazioni ovvie su quello che dovrà essere lo sviluppo futuro della ricerca.
In un paese come l’Italia, in cui ci sono molte eterogeneità territoriali, le attuali proposte di autonomia regionale rischiano di ampliare il divario Nord-Sud e quindi ostacolare eventuali politiche di riduzione delle disuguaglianze sociali.
Citando Italo Svevo, se è vero che “l’uomo è inguaribile perché inevitabilmente mortale“, è altrettanto vero che con la cultura non solo si mangia, ma si vive bene e più a lungo.
Ruben Cazzola