Mortui adhunc vivos docent

Un recentissimo articolo apparso sul New England Journal of Medicine (14 Novembre 2019) mette in risalto il calo in tutto il mondo dei riscontri diagnostici (autopsie).

In passato i medici (internisti, chirurghi, radiologi) accedevano con regolarità alle sale anatomiche per verificare l’esattezza delle loro diagnosi e valutare gli effetti dei trattamenti.

Il calo delle autopsie ha diverse motivazioni:

  • ridotte disponibilità finanziarie per le spese educazionali;
  • modifica dell’attività dei patologi che dedicano maggior tempo alla surgical pathology;
  • avversione culturale ad interferire con i cadaveri;
  • convinzione che le tecniche di imaging abbiano reso le autopsie obsolete, tranne che per motivi medico-legali;
  • elevata litigiosità nel caso di errori verificati postmortem.

A proposito di quest’ultimo punto occorre segnalare che la percentuale di errori diagnostici o di diagnosi non effettuate evidenziabili con le autopsie arriva ancora al 30%.

Inoltre, è importante sottolineare che sia la mortalità globale, sia quella causa-specifica, derivano spesso da informazioni raccolte quando le persone sono ancora vive.

Ci sono ancora numerosi dati che possiamo apprendere dalle autopsie, che possono essere utili per la salute pubblica: ad esempio, autopsie sistematiche nel caso di pazienti deceduti con infezione da HIV hanno mostrato una notevole importanza della tubercolosi e di altre infezioni da opportunisti, osservazioni che hanno influenzato le procedure di profilassi.

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